REPORT DI MONITORAGGIO CIVICO
INTERVENTI PER L'INCLUSIONE SOCIALE E LAVORATIVA DI PERSONE IN ESECUZIONE PENALE: CASA CIRCONDARIALE DI FERRARA

Inviato il 22/03/2021 | Di AriostoLiberiInsieme | @Ariosto_L_I

Descrizione

Il nostro team “ALI-Ariosto Liberi Insieme” si è impegnato nel monitoraggio del progetto "Interventi per l'inclusione sociale e lavorativa di persone in esecuzione penale nella Casa Circondariale di Ferrara", promosso dalla regione Emilia-Romagna e attuato da IRECOOP Società Cooperativa.
In particolare, l'obiettivo del Team è stato quello di verificare l’apporto e l’efficacia delle attività del terzo settore nel recupero e inclusione sociale delle persone in carcere.
Il progetto parte dai fabbisogni espressi dalla Direzione della Casa Circondariale di Ferrara ed è basato su una forte collaborazione tra soggetti pubblici e del privato sociale.
L’attività si struttura in alcune fasi: colloqui di orientamento al mondo del lavoro, formazione (comprensiva di corso per la sicurezza sui luoghi di lavoro) e tirocini.
L’intervento monitorato è stato realizzato in tre ambiti formativi: riuso/riciclo, con il contributo della Cooperativa “Il Germoglio”, che opera all'interno del carcere con progetti collegati allo smontaggio e al trattamento dei RAEE; manutenzione del verde e gestione dell’orto, in collaborazione con l’Associazione di volontariato “Viale K”; pasticceria/prodotti da forno, laboratorio effettuato dalla Cooperativa “Integrazione e Lavoro”.
Le misure di orientamento, le attività laboratoriali e formative, ed i tirocini sono stati realizzati in carcere, all’interno degli spazi dedicati e dei laboratori in cui operano le associazioni e le cooperative in modo permanente.

Cosa abbiamo scoperto

Avanzamento

Il progetto monitorato si è concluso nei tempi previsti ed ha avuto una continuità nel tempo: nel programma 2014-20 si sono susseguite 6 azioni, pianificate dalla regione Emilia-Romagna, mentre i beneficiari che si sono avvicendati sono stati il Centro Studi Don Calabria, IRECOOP ed AECA.
La realizzazione dei tirocini è stata effettuata da soggetti del terzo settore, in particolare la Cooperativa “Il Germoglio” e l’Associazione “Viale K” hanno garantito una continuità nel tempo, gestendo il laboratorio RAEE e l’orto all’interno del carcere (Galeorto), mentre l’attività di panificazione non ha avuto seguito per mancanza di strutture adeguate.

Risultati

Intervento molto utile ed efficace - Gli aspetti positivi prevalgono ed è giudicato complessivamente efficace dal punto di vista dell'utente finale

È purtroppo molto difficile valutare l'impatto di questi progetti: non c’è la possibilità di conoscere il destino di coloro che vi hanno partecipato, dopo la loro uscita dal carcere, e quindi di misurarne la ricaduta.
Alcuni detenuti sono stati inseriti lavorativamente dalle Cooperative “Il Germoglio” e “Integrazione e Lavoro”, sia all’interno del carcere che dopo la loro uscita, mentre risulta molto più difficile trovare collocazione attraverso le associazioni di volontariato, a maggior ragione in un territorio come quello ferrarese che, come è emerso dalla nostra indagine, presenta un alto tasso di disoccupazione.
Al di là della rilevanza dal punto di vista occupazionale, tutti gli operatori hanno evidenziato il valore rieducativo del progetto, che permette di creare un collegamento tra esterno ed interno, migliorare le competenze professionali e relazionali dei detenuti, promuovere il benessere psicologico, incidendo in modo significativo sulla recidiva.

Punti di debolezza

C’è incongruenza tra il fabbisogno espresso dagli istituti penitenziari ed i progetti realizzati, perché la distribuzione dei finanziamenti viene spesso decisa sulla base della disponibilità di associazioni e aziende ad erogare i tirocini e degli spazi e strutture utilizzabili, piuttosto che sui parametri disposti dalle amministrazioni carcerarie.
Le difficoltà più evidenti sono legate alla scarsità di risorse e alla “rigidità” del sistema carcerario: spesso le attività formative non possono essere realizzate o portate a termine a causa di problemi di sicurezza, mancanza di spazi o attrezzature adeguati, della rigidità degli orari, per gli improvvisi trasferimenti dei carcerati e la carenza di imprese disposte ad effettuare tirocini. La scarsità di posti disponibili porta ad una forte concorrenza tra i carcerati, deteriorando i rapporti tra questi, e penalizzando soprattutto gli stranieri, già in difficoltà per le differenze linguistiche e culturali.

Punti di forza

Il monitoraggio apre prospettive molto interessanti per il nostro team: frequentando un indirizzo scolastico di tipo sociale, l'ambiente carcerario ci coinvolge in maniera particolare e questa occasione ha rappresentato un prezioso arricchimento del nostro percorso di studi. Dal momento che il terzo settore è l’area di sviluppo del nostro PCTO, incontrare persone che lavorano nelle imprese sociali è stato importante per capire come operano queste realtà.
Dal monitoraggio sono emersi alcuni aspetti che riteniamo positivi: la collaborazione tra la regione Emilia Romagna, amministrazione carceraria, enti di formazione e terzo settore, che mettono insieme le loro risorse per assicurare continuità a questi progetti e garantire l'inclusione sociale degli individui.
Ma l’aspetto più rilevante ci è sembrato l’opportunità per i detenuti di entrare in contatto con il mondo di fuori. Questo significa imparare a relazionarsi in modo sano con coloro che sono estranei all'ambiente penitenziario, ma anche con gli altri detenuti, prepararsi a vivere una vita diversa, percepire il proprio valore, sottraendosi alla noia e alla depressione.

Rischi

I rischi a cui potrebbero andare incontro i progetti di inclusione lavorativa in carcere sono molteplici, ma sostanzialmente legati alla esiguità delle risorse, sia finanziarie che umane, che potrebbero diventare insufficienti per sostenere queste attività così complesse. Questi potrebbero essere amplificati dall’attuale pandemia: alcune operazioni già approvate probabilmente non saranno realizzate ed i finanziamenti andranno perduti.
A questo si aggiungono i pregiudizi che molti hanno nei confronti dei carcerati e del loro percorso di riabilitazione.

Soluzioni e Idee

Il nostro percorso di monitoraggio ci ha condotti alla conclusione che la sostenibilità di questo progetto passa attraverso il ponte che mette in relazione l’interno con l’esterno, che conduce dalla reclusione all’inclusione, e questa strada la si costruisce attraverso l’I Care.
Sapere che c’è una parte della società che si occupa dei detenuti, fa bene a quest’ultimi e alla collettività: per i carcerati rappresenta il riscatto, attraverso l’accettazione, ma allo stesso tempo occorre far sapere all’esterno cosa è il carcere, per abbattere stereotipi e pregiudizi.
Questo percorso potrebbe essere realizzato attraverso una collaborazione permanente tra carcere e scuola e la realizzazione di progetti sensibilizzazione tra studenti e dagli studenti al territorio.
Per cominciare, organizzeremo un primo convegno nel mese di maggio per rendere pubblico il risultato del monitoraggio e discutere dell'inclusione sociale e lavorativa dei detenuti con i protagonisti di questo progetto: l’amministrazione regionale e carceraria, gli enti di formazione e soprattutto i rappresentanti di cooperative e associazioni che concretamente realizzano queste attività.
Continuare a parlare di questi temi è per noi il modo di contribuire, anche solo in minima parte, al miglioramento dell’integrazione sociale dei detenuti.

Metodo di indagine

Come sono state raccolte le informazioni?

  • Raccolta di informazioni via web
  • Intervista con gli utenti/beneficiari dell'intervento
  • Intervista con altre tipologie di persone
  • Intervista con i soggetti che hanno o stanno attuando l'intervento (attuatore o realizzatore)

Fiorenza Morelli, rappresentante di IRECOOP Emilia-Romagna Società Cooperativa (soggetto beneficiario)
Nicola Cirelli, Cooperativa "Il Germoglio", Ferrara (responsabile del laboratorio RAEE)
Giorgio Forini, Associazione di Volontariato "Viale k", Ferrara (responsabile "Galeorto")
Annamaria Romano e Teresa Cupo (educatrici presso la Casa Circondariale di Ferrara)

Domande principali

Abbiamo posto queste due domande alle educatrici della Casa Circondariale di Ferrara, Annamaria Romano e Teresa Cupo:
Riuscite a misurare la ricaduta dei progetti formativi nella vita di queste persone, una volta usciti dal carcere?

Il nostro monitoraggio ha tentato anche di verificare il ruolo del terzo settore (cooperative, associazioni) all’interno del carcere, qual è il vostro punto di vista sul loro apporto?

Risposte principali

Queste sono state le loro risposte:
No, a parte qualche raro caso, non si riesce a misurare la ricaduta dei progetti nella vita dei carcerati una volta usciti dalla Casa Circondariale.
Se i detenuti vanno in misura alternativa, a seguirli sono l’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) o gli assistenti sociali, dunque perdono i contatti con gli educatori del carcere. Se gli individui escono come persone libere, avendo come obiettivo ricostruirsi una vita, è ancora più difficile misurare l’influenza dei progetti effettuati.

Per noi è fondamentale il rapporto con il terzo settore perché ci consente di effettuare un collegamento tra l'istituzione carceraria, che molto spesso tende a chiudersi su se stessa, e l’esterno. Inoltre, il terzo settore aiuta a sostenere sia progetti formativi che di volontariato; ci aiuta a rendere più costruttivo il tempo trascorso all’interno dell’istituto in modo tale da limitare i momenti di inattività durante il giorno. Pertanto il nostro lavoro, senza l’appoggio del terzo settore, potrebbe essere svolto solo in parte e non appieno.