REPORT DI MONITORAGGIO CIVICO
RECUPERO E VALORIZZAZIONE AREA ARCHEOLOGICA ANTICA KROTON - BONIFICA AREA ARCHEOLOGICA - INTERVENTO PILOTA
Inviato il 19/03/2019 | Di restART09475378
Descrizione
Si tratta di un progetto pilota di bonifica dei suoli su area archeologica prospiciente l’area industriale, inserito nell’accordo di programma quadro del 2013, rimodulato dal protocollo del 2018 che sarebbe dovuto diventare preliminare per l’intera area. Ente programmatore e attuatore era la regione Calabria e il progetto rientrava nel (PRA)FSC Calabria.
Obiettivo generale del progetto era valorizzare le risorse naturali, culturali e paesaggistiche locali, trasformandole in vantaggio competitivo per aumentare l’attrattività, anche turistica del territorio, migliorare la qualità della vita dei residenti e promuovere nuove forme di sviluppo. L’area oggetto di intervento, ubicata nel territorio di Crotone, si estende per circa 150000 mq, ed è posta a monte della SS 106, nell’area antistante l’ex Montedison che, dagli anni ’50 e sino ai primi anni ottanta, è rimasta in piena attività, lasciando una serie di ripercussioni negative sul sito archeologico dell’Antica Kroton. Le indagini effettuate dimostravano che le lavorazioni eseguite nell’area industriale avevano reso il sottosuolo pieno di metalli pesanti che, veicolati dalle infiltrazioni idriche, avevano raggiunto anche i resti dell’antica Kroton. Trattandosi di un terreno inserito nel SIN si era predisposto un primo intervento pilota i cui dati rilevati sarebbero stati validati dall’Arpa regionale. La tecnica usata, in una prima fase, è stata quella della fitorimediazione, una nuova biotecnologia che fa uso di piante superiori per il trattamento in situ di suoli, sedimenti e acque contaminati ed è applicabile a sostanze organiche, nutrienti, radionuclidi o inquinanti metallici, accessibili alle radici delle piante. A essere scelta per la bonifica sarà la paulownia tomentosa
Cosa abbiamo scoperto
Avanzamento
L’intervento pilota sarebbe dovuto diventare cantierabile entro tre mesi dalla stipula dell’APQ e completato nei sei mesi successivi, l’importo stimato era pari a 200.000,00, così suddivisi: Progettazione e studi (16.583 euro), Lavori realizzati in affidamento (144.200 euro), Servizi di consulenza (1.442 euro),Imprevisti (4.313,39 euro), Iva ( 33.461,61 euro), Spese totali (200.000 euro). Ne risultano finanziati 108.467,21 (i pagamenti si interrompono il 19/04/ 2016). Per cui, ad oggi, il progetto risulta non concluso.
Risultati
Si era iniziato a bonificare un’area verde che risulta contaminata solo perché i parametri di un’area archeologica sono diversi da quelli degli altri terreni di tipo residenziale (Dlgs 152/2006). La tecnica usata in una prima fase è stata quella della fitorimediazione che impiega circa 4 mila anni per bonificare e che, secondo alcuni, avrebbe potuto causare problemi ai resti archeologici. Solo in corso d’opera ci si è resi conto dell’inadeguatezza della soluzione adottata: le piante oggi risultano secche, nulla hanno risolto, ma nel frattempo sono stati spesi 108 mila euro per il progetto pilota, il cui quadro economico è stato rimodulato nel Burc n.10 del 16/02/ 2015, rispetto ai 200.000 previsti già dall’APQ del 2013. Con nota prot.n.14843 del 20.11.2013 il competente MIBACT aveva comunicato “l’approvazione del progetto e l’autorizzazione all’esecuzione dei lavori, con la prescrizione che le carote fossero soggette anche a lettura geo-archeologica”. Si era proceduto così con DDS n.16581 del 04.12.2013 a dare mandato all’ing. V. Manfredi, Rup del progetto, per procedere all’affidamento dei lavori dell’intervento, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 125 co.8 del D.lgs.vo 163/06. Il Progetto pilota è risultato fallimentare, i pagamenti si interrompono ad Aprile 2016, eppure questo non ha impedito di utilizzare la stessa tecnica sulla restante parte di terreno per interventi pari a circa 4 milioni di euro.
Punti di debolezza
E’ del 5 marzo 2019 la notizia del rigetto della richiesta di archiviazione da parte del gip Ciociola per sei persone coinvolte proprio nella bonifica dell’area Antica Kroton. Tra i reati contestati anche il traffico illecito di rifiuti. E’ questo l’ultimo atto di una inchiesta iniziata nel 2012 quando venne denunciata la mancanza dei presupposti tecnici che avevano consentito al comune di avviare la bonifica totale della zona per un ammontare di 6.964.446.99 euro. Al centro dell’inchiesta vi sarebbe il ritrovamento, nella suddetta area archeologica di 1920 tonnellate di materiale pericoloso, fra cui amianto, mai evidenziate durante le attività di bonifica iniziate nel 2011. Secondo quando sostiene il gip, la presenza di sostanze inquinanti emergerebbe solo nel 2015 quando la Regione aveva deciso di non destinare più al comune i quindici ettari di bonifica, rientranti nel progetto Antica Kroton. Per cui ad una tecnica di bonifica fallimentare si aggiungerebbe la presenza in situ di nuove sostanze contaminanti che non risultano dalla prima caratterizzazione dell’area.
Punti di forza
Nessuno. Il progetto realizzato è totalmente fallimentare. Per effettuare la fitorimediazione si era deciso di usare la paulownia, un albero deciduo o a crescita molto rapida originario della Cina e del Giappone; gli esemplari adulti possono raggiungere i 15-20 metri di altezza. La chioma è ampia, tondeggiante, molto ramificata e, come spiegano gli esperti, le radici si estendono sottoterra da una volta e mezzo fino a quattro volte più della pianta in superfice, il che implica, su una superficie archeologica, la distruzione di qualunque eventuale reperto archeologico presente nel terreno.
Rischi
Il rischio concreto per la citta di Crotone, allo stato attuale delle cose, consiste in uno sperpero immane di denaro pubblico se si pensa che sulla stessa area, attualmente non bonificata e sulla quale insistono rifiuti pericolosi come l’amianto, verranno spesi parte di un finanziamento di 61,7 milioni di euro (APQ 2013) a parte quelli previsti per la bonifica. A ciò si aggiunga la mancata bonifica di parte dell’area industriale; come previsto dal pob fase 2 resteranno interrati, nell’ambito di una messa in sicurezza, 300.000 miliardi di microgrammi di veleni. Sebbene la valutazione del risarcimento per danno all’ambiente in Italia trovi fondamento e legittimazione nell’art. 18 della Legge n. 349/86 per il quale: “Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato”, nessuna bonifica verrà effettuata nell’area ex impianti, la più contaminata, sebbene già in una conferenza di servizio del 2007 il dott. Mazzantini sostenesse che l’acqua di falda al primo livello fosse inquinata. Dei 48 ettari di terreno del sito ex Pertusola, 525 mila tonnellate sono assimilabili a rifiuti pericolosi. Gli scarti della lavorazione dello zinco più pericolosi sono le ferriti di zinco a cui si aggiungono metalli pesanti come il cadmio, classificato come cancerogeno di categoria I dall’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro, l’arsenico, lo zinco, il piombo con valori, secondo i dati Arpacal del 2010, di gran lunga superiori rispetto ai parametri consentiti nei terreni da riporto, sabbiosi, argillosi e nella falda acquifera. I livelli tumorali nella città, secondo i dati dell’Iss del 2016, specie nelle zone a ridosso delle fabbriche, sono elevatissimi . A ciò si aggiunga, in una situazione già di per sè compromessa, che i dati Arpacal del 2016 evidenziano un superamento anche delle polveri sottili in una città che vede la presenza di discariche di rifiuti speciali, di cui una di prossima realizzazione per il Tenorm a ridosso di un quartiere tra i più popolati della città.
Soluzioni e Idee
Fino ad oggi, mentre si pensava a bonificare con scarsi risultati l’area archeologica, Syndial non ha minimamente considerato la bonifica di una vasta area contaminata all’interno dello stabilimento di Pertusola Sud, denominata area "Ex Impianti" (circa 24 ettari). L’area in esame rappresenta il 50% del sito e quasi un terzo di tutta l’area industriale di Crotone, che per decenni, prima dell’apertura del forno cubilot, era stata utilizzata come area di stoccaggio e lagunaggio delle ferriti di zinco, le micidiali scorie della lavorazione della blenda. I valori delle CSR, calcolate da Syndial per il sito di Pertusola, nell’analisi di rischio sito-specifica del suolo insaturo (0-1 metri), sono le seguenti: cadmio 15 mg/kg; arsenico 50 mg/kg; piombo 1.000 mg/kg (sono i valori necessari a ritenere un suolo bonificato). Se i valori riscontrati nelle caratterizzazioni ufficiali indicano valori delle CSC notevolmente superiori alle CSR: SI92 cadmio 2.300 mg/kg, SI 93 cadmio 5.500 mg/kg, S24 arsenico 2.209 mg/kg, S38 arsenico 1.887 mg/kg, S24 piombo 45.270 mg/kg, S53 piombo 14.867, tanto per citare i sondaggi con le CSC più elevate che ricadono in quest’area, non resta che proporre la bonifica totale dell’area di migliaia di tonnellate di suoli assimilabili a rifiuti pericolosi, per la presenza di sostanze cancerogene.
Risultati e impatto del monitoraggio
Diffusione dei risultati
- Eventi territoriali organizzati dai team
- Settimana dell'Amministrazione Aperta
- Blog/Sito web del Team
- Volantinaggio o altri metodi off-line (non via Internet)
- Interviste ai media
Connessioni
Contatti con i media
- TV Locali
- TV Nazionali
- Giornali Locali
- Blog o altre news outlet online
Contatti con le Pubbliche Amministrazioni per discutere i risultati del Monitoraggio
- Risposte generiche
- Risposta parziale
Descrizione del caso
Il progetto monitorato dal team restArt ha avuto un grande impatto, a livello sociale, sull'intera cittadinanza crotonese. Tuttavia, si segnala una profonda discrasia nell'interesse manifestato tra il livello istituzionale locale e quello regionale e nazionale. Mentre i primi hanno visto l'azione di monitoraggio come una potenziale minaccia o come un esplicito danno allo sviluppo turistico ed economico del territorio, gli altri hanno interagito con il team dando la giusta dimensione ad una fra le problematiche più importanti che caratterizzano la città di Crotone. Particolarmente sensibili gli esperti in materia, la stampa locale e nazionale, le associazioni in quanto la problematica connessa col progetto monitorato si è interessata dello stretto rapporto che intercorre tra ecologia e salute. In questo senso non è esagerato affermare che il lavoro del team abbia sensibilmente contribuito a riportare alla ribalta il problema (interventi della TV Nazionale e dei rappresentanti politici nazionali fino allo stesso Ministro dell'Ambiente).
Metodo di indagine
Come sono state raccolte le informazioni?
- Raccolta di informazioni via web
- Visita diretta documentata da foto e video
- Intervista con altre tipologie di persone
- Intervista con i soggetti che hanno o stanno attuando l'intervento (attuatore o realizzatore)
Vincenzo Voce (ingegnere chimico)
Bruno Palermo (giornalista)
Alberto Vega (docente scienze della navigazione)
Domande principali
1. Nell'area archeologica dell'antica Kroton è stata usata come tecnica di bonifica la fitorimediazione. Cosa pensa delle scelte fatte in materia di bonifica in quell'area e nella zona industriale? Cosa di diverso poteva essere fatto nell'area dell'Antica Kroton? (Vincenzo Voce - ingegnere chimico)
2. I dati dell’ISS del 2016 relativi a Crotone e provincia sono allarmanti. Cosa ne pensa, tenuto conto che dalle interviste che abbiamo effettuato ad alcuni operai risulta che per loro la vera necessità era lavorare? Intanto a Crotone, Dirigenti Eni hanno tenuto un corso sulla sicurezza sul lavoro agli studenti. Cosa ne pensa? (Bruno Palermo - Giornalista)
3. Mentre si parla di bonifica dell’area archeologica e di messa in sicurezza dell’area industriale , nessuna attenzione viene prestata ai veleni interrati nell’area portuale. Che implicazioni economiche ha tutto questo per la città di Crotone? (Alberto Vega – Docente Scienze della navigazione)
Risposte principali
1. Per la bonifica dell'area archeologica innanzitutto avrebbero dovuto eseguire in fase di progettazione degli interventi l'analisi di rischio sito specifica. In tal modo l'area "potenzialmente" contaminata soltanto da zinco (circa il 35-38%) non doveva essere bonificata, perché le CSR sarebbero state superiori ai valori riscontrati sui suoi suoli. Inoltre hanno sottoposto a bonifica anche gran parte dei suoli che non erano contaminati. In definitiva soltanto 20-22 ettari dovevano essere sottoposti a bonifica, per una profondità di 50 cm. Sicuramente la fitorimediazione poteva funzionare, ma non con alberi ad alto fusto, perché l'apparato radicale avrebbe compromesso tutto il sito archeologico. Si poteva valutare la fitorimediazione con piante fitorimediatrici a ciclo breve con specie brassicacee (brassica Juncea), idonea per rimuovere sia il cadmio che lo zinco. In realtà la bonifica doveva prevedere un progetto integrato per tutta l'area industriale. Infatti i suoli contaminati dell'area archeologica, potevano essere spostati sul sito industriale e utilizzati come terreni vegetali. Ricordo che i suoli dell'area archeologica devono rispettare i limiti restrittivi della Tab. A cioè quella delle aree residenziali (Zn 150 mg/kg e Cd 2 mg/kg), mentre quelli dell'area industriale dovrebbero rispettare i limiti della Tab. B (Zn 1.500 mg/kg e Cd 15 mg/kg). Nessun valore dei sondaggi dell'area archeologica supera i valori previsti per i suoli industriali.Per queste vaste aree contaminate negli Stati Uniti si cerca di fare più che progetti di bonifica, progetti di phytomanagement di lungo periodo. Ad esempio c'è una pianta gelatinosa come la "pennycress" che può produrre semi per la produzione di biodiesel. In tal modo, oltre che bonificare si avrebbe una integrazione al reddito. Nel nostro caso, comunque vi ha pensato la natura, perché gli alberelli che dovevano diventare enormi non hanno trovato le condizioni agronomiche ideali e le piante non sono cresciute. In estate avranno avuto poca acqua e l'inverno si allagavano. L'unica cosa certa è che sino ad oggi sono stati spesi oltre 4 milioni e il progetto è fermo dal 2017 perché all'interno dell'area hanno ritrovato circa 1.920 ton di materiali contenenti amianto. Per la bonifica dei siti industriali la faccenda è più complessa. Nel primo progetto (POB 2008) la bonifica puntava alla rimozione degli inquinanti del primo metro. Le CSR determinate con l'analisi di rischio sito -specifica (che non cambia con il POB FASE 2) sono: Cadmio 15 mg/kg, Arsenico 50 mg/kg e Piombo 1.000 mg/kg. Il POB 2008 escludeva la bonifica dei suoli profondi, perché il modello concettuale assunto con l'Adr escludeva la diffusione degli inquinanti verso la falda perché le superfici sarebbero state impermeabilizzate. Nel 2017 (3 febbraio) è stata approvata la bonifica di alcuni lotti del sito di Pertusola ed il sito ex Agricoltura. Le tecniche erano la fitorimediazione, la EKRT e l'attenuazione naturale (ENA). Per il livello di contaminazione del sito (Pertusola) abbandonano queste tecnologie che non potevano funzionare e propongono il POB FASE 2. Adesso si punta alla messa in sicurezza, soprattutto della falda. Dovrebbero intervenire con una tecnica di stabilizzazione/solidificazione che è un soil micino, dove gli inquinanti sono miscelati e bloccati con cementi speciali. In realtà interverranno solo su piccolissime areali (1.8 ettari EKRT SUD, S/S1 0.8 Ha e S/S2 di 0.6 Ha). In base al principio scelto dovrebbero intervenire almeno su altri 360.000 mc di suoli. Fanno poco, molto poco. E dove sono le sostanze cancerogene come cadmio non fanno quasi niente. Soprattutto nell'area ex impianti di Pertusola di 26 ettari che per 45 anni è stata utilizzata come area di stoccaggio delle ferriti di zinco (Vincenzo Voce - ingegnere chimico).
2. E’ sempre stato una sorta di do ut des, sul lavoro le multinazionali ci hanno sempre un pò marciato e se vogliamo è quanto sta accadendo anche ora con la bonifica. Verso la fine degli anni ’90, quando le fabbriche stavano per essere dismesse, ci fu l’ idea di portare a Crotone la Stoppani, una fabbrica di vernici, altamente tossiche, ora è chiusa perchè condannata (parte del porto di Genova è stato costruito coni residui di quella fabbrica). Le vernici erano fatte con i fenoli, altamente inquinanti, questa fabbrica doveva essere spostata a Crotone per 57 unità lavorative e, all’epoca, gli operai pensavano alla necessità di un lavoro, non a lungo a termine. Il lavoro è stato un grimaldello, da sempre. Per quanto riguarda il resto il Comune di Crotone ha diramato un comunicato stampa sulla “Due giorni che hanno visto protagonisti gli studenti della città di Crotone sul tema della sicurezza nell’ambito dell’iniziativa “Il patto che salva la vita” promosso da Eni – Syndial”. Un comunicato che senza girarci tanto intorno potremmo definire mieloso, succube, prostrato e prostrante, ma soprattutto un comunicato che dovrebbe far provare un pizzico di vergogna a chi lo ha ideato (non certo a chi lo ha scritto). Siamo veramente al paradosso. Una Amministrazione comunale che sulle questioni ambientali è prona su posizioni ben distanti dal sentire dei cittadini e trova modo e tempo di diramare un comunicato su una iniziativa nella quale si parla di sicurezza sul lavoro e a parlarne sono Eni e Syndial (una controllata di Eni). Un comunicato nel quale Eni fa “l’ennesimo regalo alla città”, uno spettacolo teatrale. Ma Eni è lo stesso colosso che su questo territorio ha responsabilità infinite sull’inquinamento ambientale.Nel comunicato è scritto: “Si è parlato delle morti bianche, degli incidenti che creano infermità permanenti che purtroppo coinvolgono e spezzano altre vite (parenti, amici, conoscenti)”. Bisognerebbe chiedere al sindaco e all’assessore alla pubblica istruzione se per morti bianche erano intese anche quelle provocate da tumori? Dall’amianto? Quelle morti di mogli e figli di operai deceduti per tumore senza aver mai messo piede in fabbrica? Oppure quelli sono danni collaterali, giovani e meno giovani sacrificati sull’altare del progresso? Qui hanno usato una Istituzione per dare voce ad una iniziativa che avrebbe potuto avere un valore, ma non a Crotone. Non in una terra in cui ogni famiglia fa i conti con malati di tumore. Ho letto che qualche genitore ha manifestato tutto il suo disappunto perché la figlia, minorenne e studentessa, ha preso parte a questa iniziativa. Ha ragione. Eni ha vinto tanti processi per inquinamento ambientale a Crotone, ma a Milano ha perso, anche se condannata solo a 52 milioni di euro di risarcimento. Sentenza non impugnata dal Ministero dell’Ambiente e non si capisce perché visto che il pm aveva chiesto un risarcimento danni per la città di Crotone di 1 miliardo e 100 milioni di euro, ma di questo non è importato a nessuno. Attenzione che qui non arrivano gli americani a distribuire cioccolatini e caramelle alle folle gaudenti, la bonifica, bonifica, bonifica, (ammesso che di bonifica si tratti) non è un regalo, ma un dovere di legge. Chi inquina paga, nessuno sta regalando niente ai crotonesi. Di regali i crotonesi ne hanno già ricevuti tanti (Bruno Palermo - Giornalista).
3. All’entrata del porto si trova una duna di sabbia formatasi a causa dell’esondazione dell’Esaro e per la presenza di un relitto. Questa duna ha portato l’immersione in ingresso a non più di otto/nove metri, il che limita l’entrata di navi di grandi dimensioni o con pescaggi superiori ai nove metri. Questa situazione ha comportato, nel recente passato, che navi che dovevano scaricare biomasse, con immersione di undici, dodici metri, siano andate a scaricare a Corigliano incrementando il traffico su questa città che, da Ufficio Circondariale Marittimo, in dipendenza da Crotone, è diventata Capitaneria indipendente. Ad oggi, molte navi arrivano a Corigliano, scaricano una parte del carico, quando l’immersione si riduce a sei, sette metri si spostano su Crotone dove portano a termine le operazioni di sbarco. La rimozione della duna di sabbia che contiene sostanze inquinanti comporta delle misure precauzionali e, ad oggi, l’autorità portuale di Gioia Tauro non ha autorizzato l’esecuzione dei lavori (Alberto Vega – Docente Scienze della navigazione).